Conversazione con Giorgio Grasso, socio fondatore di Subphoton e uno dei massimi esperti mondiali di fotonica: sono 60 i brevetti internazionali al suo attivo.

“Subphoton apre un mondo di grande interesse perché tutti parlano di Internet, ma nessuno pensa al fatto che questi dati viaggiano su cavi enormi.”

Iniziamo dal suo percorso.

“Ho iniziato nel 1972 a lavorare in Pirelli Photonics nel campo specifico delle fibre ottiche. Nell’85 siamo partiti con lo sviluppo di amplificatori ottici in fibra ad erbio. Si trattava di una ricerca di base che pian piano è diventata una ricerca applicata, poi uno sviluppo tecnologico e quindi un prodotto. Nel 1992 realizzammo il primo impianto al mondo di un sistema amplificato otticamente, in America, 3500 km tra South Lake City e Chicago. E fu proprio lì che iniziò la vera avventura: l’applicazione della fotonica nel campo delle telecomunicazioni.  Prima dell’amplificatore ottico, infatti, esistevano le fibre ottiche, che avevano le loro potenzialità, ma con il problema che la luce, passando nella fibra, perdeva intensità. Di conseguenza, ogni 30/40 km, bisognava trasformare la luce in elettrico, amplificarla elettricamente e ripassarla in ottico. Questo era il compito affidato ai rigeneratori ottici.”

Che vengono messi in soffitta grazie a una nuova tecnologia.

“Esattamente. L’innovazione, all’epoca, fu quella di realizzare un amplificatore ottico che non aveva la necessità di passare in elettrico ma che amplificava direttamente la luce. Questo permetteva di ottenere grandi vantaggi soprattutto in termini di capacità: la fibra, infatti, può trasmettere un’enorme quantità di informazioni ma, se si utilizza un sistema elettronico, vi è un limite in termini di velocità di trasmissione ed in termini di numero di lunghezze d’onda trasmissibili. Un limite dovuto al fatto che nella fibra vi è una banda ottica molto grande che può trasmettere altrettante lunghezze d’onda. Ogni lunghezza d’onda ha la sua capacità trasmissiva, ma con il rigeneratore elettronico è possibile amplificare solo una lunghezza d’onda e solo ad una certa velocità, perché l’elettronica viene tarata su una velocità. L’amplificatore ottico invece permette di amplificare simultaneamente tutte le lunghezze d’onda che possono viaggiare nella fibra a qualsiasi velocità“.L’amplificatore ottico invece permette di amplificare simultaneamente tutte le lunghezze d’onda che possono viaggiare nella fibra a qualsiasi velocità.

Più efficiente e più economico.

“Infatti. L’elemento disruptive in questa industry è legato al minor costo dell’amplificatore ottico rispetto al rigeneratore: disporre di un amplificatore che costava meno e aveva la capacità di 100-200 di generatori significò abbassare in modo drastico il costo della trasmissione. E, last but not least, in quel periodo era nato Internet, che si basava sul fatto di poter trasmettere dati da un posto all’altro. L’introduzione dell’amplificatore ottico permise di svilupparlo a basso costo, altrimenti la sua diffusione sarebbe stata impossibile: per cui possiamo dire che questa innovazione arrivò al momento giusto. Tante volte, infatti, l’innovazione arriva o in anticipo quando i tempi non sono ancora maturi oppure un po’ in ritardo, mentre questa arrivò esattamente nel momento giusto, in quando era cresciuta la necessità di trasmissione per l’effetto di internet”.

Questo ha determinato un impulso importante per la fotonica. E per il suo percorso professionale.

Sì, in quel momento ci fu un vero e proprio boom della fotonica, e alla fine degli anni ‘90 del secolo scorso Pirelli era diventata il leader mondiale di questa tecnologia. Cisco, che è ancora la società americana regina di Internet, comprò questa unità dalla Pirelli per una cifra che a quei tempi era record, di circa 6 miliardi di dollari. Io passai alla Cisco, dove sono rimasto circa 2 anni per poi ritornare in Pirelli perché ero interessato allo sviluppo di nuove tecnologie. Ho cominciato ad approfondire il tema dell’ottica integrata, che ho poi proseguito al Politecnico di Milano. Gli spunti erano molto interessanti, ma il problema era che al Politecnico, come in tutte le università italiane, si svolge molta ricerca ma non si approfondisce mai abbastanza il tema dell’applicazione industriale. Così, con alcuni ex colleghi abbiamo deciso di dare vita ad alcune startup per superare questo gap, e due di queste sono adesso supportate da LIFTT.” 

Ci può raccontare queste startup?

“Subphoton apre un mondo di grande interesse perché tutti parlano di internet, ma nessuno pensa al fatto che questi dati viaggiano su cavi enormi. La startup opera nel campo degli amplificatori ottici innovativi e in particolare degli amplificatori ottici per applicazioni sottomarine. I cavi sottomarini trasmettono a lunghissima distanza informazioni e sono la spina dorsale del world wide web. I grandi hyperscaler, cioè Google, Facebook, Amazon e Microsoft, hanno dei server sparsi nel mondo collegati tra di loro e con i clienti attraverso cavi sottomarini che trasportano un’enormità di dati. L’esigenza è quella di poter rispondere in tempi molto brevi e infatti i server sono collegati direttamente da questi cavi sottomarini per ridurre la latenza, cioè il tempo di ritardo di risposta tra l’uno e l’altro. Il cuore di questi collegamenti sono gli amplificatori ottici. L’obiettivo, spasmodico e imperativo per tutti gli hyperscaler, è quello di aumentare la capacità, riducendo i costi. Supphoton sta studiando soluzioni che vanno esattamente in questa direzione, il tutto con una contemporanea riduzione dei consumi, perché un altro tema importante è quello della Green telecomunication.”I grandi hyperscaler, cioè Google, Facebook, Amazon e Microsoft, hanno dei server sparsi nel mondo collegati tra di loro e con i clienti attraverso cavi sottomarini che trasportano un’enormità di dati.

E Careglance?

“Careglance sfrutta la fotonica per dare un’immagine tridimensionale ad un oggetto di piccole dimensioni. In particolare, l’applicazione più diffusa è per applicazione in campo oculistico, cioè per effettuare la visione della cornea e verificare se ci sono danni, un’analisi che viene effettuata abitualmente negli ospedali, ma tramite macchinari grossi e fissi. Oltretutto, questo esame richiede tempo e crea un problema legato al movimento dell’occhio: se l’occhio si muove, infatti, la misurazione fallisce e bisogna ripetere l’esame. Il nostro obiettivo è creare un oggetto miniaturizzato simile a una pistola che permetta di fare la misurazione rapidamente, in modo che sia la mano che l’occhio stiano fermi, evitando l’uso di un grosso strumento. Per far questo abbiamo sviluppato un laser sintonizzabile: la misura si fa usando un laser che effettua ciò che viene chiamato una “spazzata di lunghezza d’onda”, cioè passa attraverso diverse lunghezze d’onda, e il cuore dell’oggetto è la velocità con la quale si sposta questa lunghezza d’onda. Con CareGlance abbiamo trovato questa tecnologia che permette di fare questa “spazzata” impiegando, invece che centinaia di microsecondi, centinaia di picosecondi, cioè 100 volte meno. Questo determina una conseguente importante accelerazione della misura. Ed è questa è la missione di CareGlance: sviluppare questa tecnologia, industrializzarla e renderla un prodotto da portare sul mercato.”

Ma le applicazioni non si limitano al campo oculistico.

“No, anzi, è emerso anche l’aspetto dell’applicazione industriale della tecnologia, derivante dal fatto che il suo cuore permette di vedere tridimensionalmente degli oggetti piccoli in modo rapido. Penso ad esempio alle saldature nel campo automobilistico, dove c’è un’applicazione con un’azienda del settore che permette di andare a vedere in tempo reale la qualità delle saldature oppure, nel campo medico, la visione nelle chirurgie non invasive. In questo ambito oggi si utilizza una telecamera in bidimensionale mentre oggi, grazie a questa tecnologia, si riesce a vedere in modo tridimensionale. Ed essendo veloce riesci a farlo in tempo reale. Quindi oltre all’applicazione oculistica iniziale, esistono anche altre possibilità che stiamo studiando.”Storia del cablaggio sottomarino

“I collegamenti sottomarini – ricorda Giorgio Grasso – erano nati come collegamenti telefonici.  Nel 1956 fu posato il primo cavo sottomarino telefonico tra l’America New York e l’Inghilterra. Prima del 1956 l’unica cosa che esisteva erano i cavi telegrafici. Tra l’Inghilterra e l’America non c’era altra possibilità di parlarsi, ad esempio, perché c’erano solo cavi telegrafici. E comunque anche con il cavo del 1956 si trasmettevano un massimo di 56 telefonate. Gli operatori di telecomunicazioni hanno continuato a svilupparsi così come il numero di telefonate ha continuato a crescere e questo ha voluto dire che il costo della telefonata è stato azzerato. Con l’arrivo di internet telefonare adesso in America non costa niente. Questo è il cuore di internet ma se non ci fossero i cavi sottomarini non ci sarebbe internet.”

Il primo cavo sottomarino era destinato alla telegrafia, l’internet dell’epoca, il “grande traguardo del genio umano che ha annullato le distanze” secondo i giornali dell’epoca, e fu posato nel canale della Manica, tra Dover e Calais, nel 1850. Il cavo rimase operativo pochi giorni, dopo i quali venne interrotto forse dall’ancora di un pescatore. Ci si rese ben presto conto della necessità di irrobustire e corazzare il cavo per difenderlo dai pericoli causati dalla navigazione e dagli animali marini. Nel 1852 fu stabilita la prima linea diretta Parigi-Londra, poi Inghilterra-Irlanda e, nel 1853, la linea Inghilterra-Olanda. In Italia si iniziarono a posare i primi cavi sottomarini dal 1854 tra Sardegna, Corsica, La Spezia e Algeria, e nel canale di Sicilia, cui seguirono i primi collegamenti transoceanici, nel 1858 con il primo cavo posato da due navi fra Terranova e l’Irlanda. Un progresso reso possibile grazie ad un materiale particolare, la guttaperca malese, che consentiva di preservare i cavi dalle insidie e dal logoramento degli abissi marini ed estendere nell’acqua una rete telegrafica terrestre che in pochi anni contava oltre settantamila miglia nel Vecchio e nel Nuovo Mondo.”

Proprio dalla storia di questi cablaggi, e dai continui perfezionamenti che si sono susseguiti nel corso dei decenni per ovviare ai rischi connessi alla loro dislocazione fisica e per aumentarne la capacità, si apprende come questa metodologia, oltre ai vantaggi, presenta anche dei rischi intrinseci, oltre a implicazioni geopolitiche niente affatto secondarie: il punto su cui riflettere è che il bisogno sempre maggiore di banda è soddisfatto quasi esclusivamente da cavi sottomarini, e che esistono ampli margini di miglioramento per migliorarne efficienza e sicurezza.