Simulare la Natura per comprenderla: La grande sfida del Quantum Computing.
Tommaso Demarie, CEO di Entropica Labs
Tommaso Demarie è nato nella capitale della prima e originale “Silicon Valley” mondiale (che non si trovava in California ma nel Canavese, ad Ivrea) ed è il co-founder e CEO di Entropica Labs: La sua storia comincia con lo studio delle onde degli oceani a Torino, transita a Sydney, dove ottiene un dottorato di Ricerca in Fisica presso la Macquarie University e approda a Singapore, dove nel 2018 ha dato vita a questa affascinante realtà dagli echi olivettiani. La fisica quantistica lo ha portato, letteralmente, in ogni angolo del mondo, ed è quindi lui il nostro ideale Virgilio in grado di accompagnarci all’interno di un mondo complesso ai limiti del mistico, nel quale l’ultra-tecnologia compie il suo passo estremo: trasformarsi (o ritornare ad essere?) in natura.
Si parla molto di quantum computing. Qual è la tua visione al riguardo?
“La prima riflessione che mi viene in mente è un’associazione, e riguarda il computing in generale: con l’avanzata dell’intelligenza artificiale, il mondo ha un bisogno crescente di potenza computazionale. Grandi aziende come Microsoft, Google e Facebook stanno costruendo data center sempre più grandi, al punto da doverli alimentare con centrali nucleari. Oggi il potere di calcolo non è più un lusso, ma una necessità, come l’elettricità. Stiamo entrando in un’era in cui non possiamo permetterci di vivere senza una capacità computazionale pressoché infinita, perché questa sarà la chiave per sviluppare intelligenze avanzate e tecnologie all’avanguardia. Ecco allora – prosegue – che il quantum computing entra in gioco proprio per superare i limiti fisici e quantitativi dei data center tradizionali. Simulare la natura è una delle capacità fondamentali dell’essere umano. Ogni giorno costruiamo scenari su ciò che è successo, su ciò che sta accadendo e su ciò che accadrà. Ma il nostro cervello ha dei limiti. Per questo abbiamo creato macchine che ci aiutano a superare queste barriere.”
Ma queste macchine, proprio come l’uomo, hanno dei limiti.
“Esattamente. Oggi con i computer possiamo lavorare su fluidodinamica, chimica, materiali e intelligenza artificiale, ma anche questi strumenti hanno un limite: il mondo quantistico. Per simulare la natura nella sua interezza, dobbiamo spingerci oltre, essere in grado di simulare i processi quantistici, cosa che le macchine classiche non possono fare efficientemente.”
Siamo quindi di fronte all’avvento di una nuova era per l’umanità?
“Queste sono definizioni che lasciamo agli storici del futuro. Quello che è certo è che la storia dell’umanità è una storia di una continua evoluzione guidata dalle capacita’ intellettuali umane. L’avvento dei computer classici ha svolto, e svolge tuttora, la funzione di ausilio ed amplificazione delle capacità dell’essere umano, ma adesso siamo di fronte ad un’esigenza nuova: simulare i processi naturali oltre i limiti attuali. E questa è una cosa che è possibile solo con i computer quantistici: in sintesi, chi controlla il potere computazionale controlla il futuro, ed è proprio grazie al quantum computing che potremo rendere accessibile una nuova era di scoperte scientifiche al servizio dell’umanità.
La traiettoria che hai disegnato è molto nitida e già percepibile, tuttavia rendere operativi questi progetti non è semplice né veloce: cosa occorre a tuo avviso per far sì che il mondo sia preparato all’avvento del quantum computing, un fenomeno che solo pochi anni fa era assolutamente di nicchia?
“Renderlo adatto ad ogni tipo di calcolo. Negli ultimi anni – spiega Tommaso – abbiamo raggiunto un punto di svolta nell’industria e nella tecnologia: fino al 2016, il quantum computing era un ambito prettamente accademico, ma dal 2016 – la data in cui IBM ha messo il primo quantum computer disponibile commercialmente online – a oggi, invece, abbiamo vissuto una fase sperimentale in cui aziende, università ed enti di ricerca hanno iniziato a costruire le basi per un computer quantistico realmente funzionante. Mi riferisco al cosiddetto “fault-tolerant” quantum computer, che tra l’anno scorso e quest’anno è finalmente entrato in una fase di implementazione. Un modo per dimostrare questa transizione è osservare l’evoluzione della potenza di calcolo nel tempo. Per il computing classico si fa riferimento alla legge di Moore, secondo cui il numero di transistor nei microchip raddoppia ogni 18 mesi, aumentando la capacità di calcolo. Nel quantum computing, una proxy della legge di Moore può essere il numero di quantum bits nei processori, che nell’ultimo decennio ha continuato a raddoppiare ogni 1-2 anni. Oggi, i prototipi più avanzati di computer quantistici sono così complessi che, se provassimo a simularli con i migliori computer classici disponibili, non ci riusciremmo.”
“Stiamo quindi – prosegue Tommaso – vivendo un punto di svolta: sempre più aziende stanno sviluppando computer quantistici e la tecnologia sta dimostrando la sua validità. Inoltre, governi e grandi aziende come IBM, AWS, Microsoft e NVIDIA stanno investendo massicciamente, segno che il mercato riconosce il valore del quantum computing. Anche settori come la finanza e la farmaceutica stanno mostrando interesse, consapevoli dell’impatto che questa tecnologia avrà sui loro processi.”
La legge di Moore viene spesso citata parlando di computing classico e analogico. Oggi vediamo sempre più casi d’uso affrontati sia con modelli di intelligenza artificiale sia con il quantum computing. Come vedi l’evoluzione di questi due ambiti?
“Si tratta di due ambiti differenti – spiega Tommaso: l’intelligenza artificiale è un’applicazione del computing classico, e quindi bisogna distinguere tra l’uso della risorsa e la risorsa stessa. Se volessimo fare un confronto corretto, dovremmo paragonare la classica AI con la quantum AI, ma quest’ultima oggi esiste solo allo stato concettuale. Oggi l’AI classica è potente grazie alla grande disponibilità di potenza computazionale, ma non ha senso paragonarla direttamente al quantum computing. Sarebbe come confrontare il carbone con l’uranio: entrambi sono risorse, ma l’energia nucleare è molto più efficiente di quella prodotta dal carbone”.
Nel mondo dell’AI esiste anche un filone di computing analogico, che sfrutta una piattaforma diversa dal digitale. Pensi che l’analogico possa rappresentare un superamento del digitale?
“È possibile – continua Tommaso – ma difficilmente sostituirà l’intera infrastruttura digitale. Probabilmente vedremo l’uso di chip analogici per applicazioni specifiche, come il machine learning, per rendere i processi più efficienti. Tuttavia, non rappresentano un salto fondamentale, perché con un chip analogico classico non è comunque possibile simulare i processi quantistici.”
“Se l’obiettivo – sottolinea Tommaso – è migliorare le prestazioni e ridurre i costi, è possibile che l’analogico abbia un impatto. Ma se vogliamo affrontare problemi che vanno oltre le capacità del computing classico, abbiamo bisogno del quantum computing. Un modo per spiegarlo è questo: possiamo costruire aeroplani sempre più veloci, ma non ci porteranno mai sulla Luna o su Marte. Per fare quel salto servono razzi spaziali, ovvero qualcosa di fondamentalmente diverso. Il quantum computing è esattamente quel tipo di salto.”
Ripercorriamo le tappe che ti hanno portato a fondare Entropica Labs.
“Certo. Sono originario di Ivrea – racconta Tommaso – e ho studiato fisica a Torino, completando il percorso universitario con la laurea magistrale. Dopo un anno in Banca Sella, mi sono trasferito in Australia per un dottorato in quantum information a Sydney. Durante il mio percorso ho visitato Singapore, dove ho scoperto il CQT (Centre for Quantum Technologies) un centro dedicato alle tecnologie quantistiche, e ho deciso di trasferirmi nella città stato per continuare il mio percorso accademico. Nel 2016 ho notato il passaggio del quantum computing dall’essere un ambito accademico a una fase più sperimentale: ho avuto la fortuna di lavorare con persone che condividevano la mia visione, e questo mi ha spinto a fare il grande passo verso il mondo dell’imprenditoria. Ho lasciato l’università e, insieme a un amico, Ewan Munro (un dottorando del CQT) ho fondato la startup nel 2018 grazie all’incubatore Entrepreneur First. Entropica Labs si focalizza sullo sviluppo di un software avanzato per un aspetto cruciale del futuro del quantum computing: la correzione degli errori quantistici, rendendo il calcolo quantistico affidabile, efficiente e pronto per applicazioni pratiche.”
Quali sono gli ultimi sviluppi della vostra società?
“Abbiamo recentemente completato la prima versione del nostro software, chiamato Loom. È una piattaforma che semplifica la correzione degli errori quantistici, trasformando le applicazioni in soluzioni hardware-ready e tolleranti alle imperfezioni che sono intrinseche dei processi quantistici. Anche se è ancora in una fase iniziale, è in grado di svolgere già le funzioni essenziali.
Ma ciò che ci entusiasma di più è il potenziale che Loom sta iniziando a sbloccare. È un primo passo concreto verso quella che noi chiamiamo la ‘nuova infrastruttura logica’ della computazione quantistica. Il nostro obiettivo è ambizioso: vogliamo rendere la potenza del quantum accessibile, affidabile e integrabile nei flussi di lavoro delle industrie più strategiche al mondo. C’è ancora moltissimo lavoro da fare, ma siamo orgogliosi di poter contribuire alla nascita di questa tecnologia rivoluzionaria.”